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Intervista a Beppe Bergomi – “Bella Zio”


Lo zio Bergomi lo conoscono tutti. Difensore, campione del mondo nel 1982 a 18 anni. Una carriera calcistica vissuta con la maglia dell’Inter quando a 16 anni è entrato nelle giovanili e dal ’92 al ’99 ne è stato il capitano e con la maglia nerazzurra ha vinto molto una Coppa Italia (’81-’82), un campionato di Serie A (’88-’89), una Supercoppa Italiana (1989) e tre Coppe Uefa (’90-’91, ’93-’94 e ’97-’98). E fin qui, niente di nuovo, niente che un tifoso o un appassionato non possano trovare scorrendo il palmares di Beppe Beregomi. Ma, perché c’è sempre un ma, c’è molto di più.

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Cosa troviamo nel libro “Bella Zio”, scritto da Andrea Vitali e Samuele Robbioni, che in pochi, anzi pochissimi, sanno?
Tutto quello che è accaduto prima, quello che mi ha portato poi a diventare un calciatore professionista, a diventare lo zio.

E come mai proprio ora?
Negli ultimi vent’anni in tanti mi hanno chiesto di scrivere una biografia ma ho sempre detto di no perché non era quello che volevo. Poi, ad un evento di beneficenza ho conosciuto Samuele Robbioni che mi ha messo in contatto con Andrea Vitali e lui mi ha fatto una proposta diversa: raccontare la mia vita da ragazzino, della mia famiglia e del mio mondo prima di arrivare ad essere un calciatore.

In quelle pagine ci sono il tuo mondo, i tuoi affetti ma parli anche della strada che hai dovuto fare per arrivare dove sei ora.
Certo, ho voluto dare spazio a quello che mi ha sempre dato forza. In primis la mia famiglia che mi ha sempre sostenuto, il nostro è stato un lavoro di squadra: la mamma che mi faceva sempre trovare il cambio ed il panino pronto prima degli allenamenti, mio papà che mi accompagnava alle gare. E poi c’è la vita in oratorio, il mio paese,…

La tua è stata una famiglia molto presente..
Si anche se, a differenza dei genitori d’oggi non mi hanno messo “presssione”. Mio papà lavorava sempre e molto, è venuto a vedermi giocare solo due volte (anche perché è mancato quando avevo 16 anni) e mia mamma è entrata a San Siro solo una quando giocavo in seria A. Ma il loro incoraggiamento non è mai venuto meno.

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Ed oggi, appesa la fascia di capitano al chiodo, sei passato dall’altra parte del campo, ora alleni i ragazzi del 2003 dell’Accademia Internazionale. Com’è come ruolo?
Bello, stimolante ed allo stesso tempo è un compito importante. Ogni ragazzo ha un modo differente di approcciarsi al calcio e, per questo, bisogna trovare una chiave d’entrata diversa se si vuole tirare fuori il massimo potenziale.

Come mai?
Perché bisogna non solo insegnare la parte tecnica e tattica ma anche far capire che bisogna fare fatica se si vogliono raggiungere degli obiettivi. Anche se poi, il segreto, per me, è solo uno…

Quale?
Divertirsi. È quello che ho sempre fatto ogni volta che scendevo in campo perché, è vero che gli allenamenti sono duri ma ho avuto una fortuna incredibile, praticare lo sport più bello (per me) e farlo diventare il mio lavoro.

Annalisa Paola Colombo


 

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